Il video-racconto del testimone Giuseppe Fornero

Dettagli della notizia

Presentato in anteprima ai bambini di quinta elementare, con cui dialoga nelle riprese, il documentario con protagonista il reduce di Russia, casse 1920, sarà proiettato prossimamente al Teatro Civico

Data:

19 Giugno 2017

Tempo di lettura:

3 min

Il video-racconto è stato presentato negli ultimi giorni dell’anno scolastico   in anteprima ai bambini che avevano partecipato alle riprese e sarà proiettato in una serata di prossima programmazione al Teatro Civico
Il video-racconto è stato presentato negli ultimi giorni dell’anno scolastico in anteprima ai bambini che avevano partecipato alle riprese e sarà proiettato in una serata di prossima programmazione al Teatro Civico
Un conto è leggerla sui libri, la storia, o meglio, la Storia. Un altro è se il racconto di quello che è successo viene direttamente dalla voce di chi c’era. La differenza l’hanno capita bene gli alunni delle classi di quinta della scuola primaria di Busca che nello scorso gennaio hanno avuto ospite l’alpino Giuseppe Fornero, 97 anni compiuti a maggio, reduce della Campagna di Albania, dal fronte francese e, infine, dalla folle Campagna di Russia, faceva parte del Gruppo di artiglieria Alpina Mondovì della Divisione Cuneense.

Da quella mattinata è nato un video-racconto, che è stato presentato negli ultimi giorni dell’anno scolastico   in anteprima ai bambini che avevano partecipato alle riprese e sarà proiettato in una serata di prossima programmazione al Teatro Civico.

L’iniziativa è nata dal sindaco, Marco Gallo, che l’ha condivisa con il dirigente dell’Istituto comprensivo, Davide Martini: “Raccogliere questa testimonianza unica e fra le ultime dirette  – ha spiegato Gallo – è doveroso e molto significativo per la nostra comunità. Ringrazio il signor Fornero che ha accettato la proposta. Egli è un testimone assai lucido, preciso e decisamene obiettivo di eventi che hanno fatto la storia della nostra nazione. La sua lezione ha catturato l’attenzione di tutti gli scolari, i quali  gli hanno potuto rivolgere diverse domande, cui ha risposto con pazienza e ricchezza di dettagli”.

Il video, realizzato dal regista buschese Giorgio Nevissano, alterna immagini di repertorio sulla Campagna di Russia al racconto di Fornero, dipanato in parte di fronte alle classi di quinta, in italiano,  e in parte nella vigna del podere che circonda la casa dove abita tutt’ora, in frazione San Martino,  assistito dai due figli e  dalle loro famiglie. Qui il regista l’ha colto dopo poco dopo una nevicata e l’anziano protagonista cammina lentamente tra i filari calpestando una leggera coltre, soffermandosi ogni tanto per sottolineare qualche particolare, libero ora di parlare nel suo piemontese. L’immagine della neve familiare e benefica di oggi sfuma in quella della neve d’allora, assassina, dei video storici. I primi piani immortalano la commozione sul volto scavato, ma anche la risolutezza a dire tutto quel che c’è da dire.
Per l’ennesima volta, Giuseppe racconta: “Ero partito per fare il sodato quando avevo vent’anni e poi… ah! A me è andata bene, sono stato dei più fortunati, ma sennò…”. E poi si arriva all’evento clou: la battaglia di Nowo Postojalowka del 20 gennaio 1943, cui prese parte: “In quell’inferno - racconta – io trovai riparo dentro una buca, mentre ben cinque bombe mi sfiorarono scoppiando a mezzo metro di distanza. Del mio battaglione siamo tornati in 29 su 300. A quaranta gradi sotto zero con scarpe fatti di stracci, senza più munizioni, bastava fermarsi un attimo che il sangue gelava”.


Sono cose che non si possono nemmeno immaginare. Ma i bambini che lo stanno a sentire, totalmente assorti, ci provano, ad immaginare.
La sua storia, che  è stata anche raccolta in un libro, quello di  Nicola Teresio Ballario autore di “Turneruma encù en Piemunt?” (edizioni Primalpe), d’ora in poi è fissata anche con immagine e voce.
A Busca tutti lo conoscono, l’Alpino Fornero, il passo ancora deciso, lo sguardo orgoglioso, gli occhi di chi ha visto il peggio e niente più lo può intimorire. Dalla frazione ogni mattina arriva in centro alla guida della sua Panda bianca. Si prende un caffè, fa due chiacchiere. A chi gli chiede racconta sempre volentieri. A distanza di tanti anni il dolore di aver lasciato laggiù “tanti compagni che per me erano come fratelli” non si è certo affievolito; è preciso, particolareggiato, persino oggettivo, ma gli occhi si riempiono sempre di lacrime quando arriva in quel punto in cui, finalmente, sale sul treno che lo riporterà a casa: “quando parte, mi metto a piangere. ‘Alpino perché piangi?’ mi chiede un bersagliere. ‘Piango pensando ai compagni con i quali ho passato tre anni, tre fronti e tanti pericoli e ora non ci sono più’ ‘Alpino, pensa per te mi risponde quello…”.

E’ tornato, si è fatto un famiglia, che lo accudisce amorevolmente. Ha vissuto una lunga vita felice. Ma neanche per un giorno ha dimenticato. E, nemmeno, ha dimenticato di essere soldato. Non maledice. Non giudica. Con onore, indossa il suo cappello da Alpino e, orgoglioso, ogni anno, partecipa alle celebrazioni e alle cerimonie pubbliche degli anniversari, mosso soltanto dal desiderio di rappresentare tutti quelli che non sono tornati.

Immagini

Ultimo aggiornamento: